Nel 1968, l’etologo statunitense John B. Calhoun condusse l’esperimento noto come Universo 25, progettato per studiare gli effetti della sovrappopolazione in un ambiente controllato. Situato nel Maryland, l’habitat artificiale ospitava fino a 3.800 topi, con risorse illimitate, temperatura ideale e assenza di predatori. Nonostante queste condizioni ottimali, la popolazione raggiunse un massimo di circa 2.200 individui e poi iniziò a diminuire rapidamente.
Calhoun osservò che, una volta raggiunta un’elevata densità, i topi svilupparono comportamenti anomali: le femmine abbandonavano la cura della prole, i maschi diventavano aggressivi o si isolavano, mentre alcuni individui, definiti “i belli”, si dedicavano esclusivamente a se stessi evitando interazioni sociali. Questi comportamenti portarono a una vera e propria “morte sociale”, con la perdita della capacità di riprodursi e di interagire socialmente, nonostante la disponibilità di risorse.
L’esperimento, ripetuto più volte con risultati analoghi, suggerì che la sovrappopolazione può causare il collasso sociale anche in assenza di scarsità di risorse. Il termine “fogna del comportamento” fu coniato da Calhoun per descrivere questo fenomeno, evidenziando come la densità elevata possa generare patologie sociali condivise. Sebbene condotto sui topi, molti studiosi considerano Universo 25 una metafora dei possibili scenari urbani e sociali dell’umanità in condizioni di sovrappopolazione.
Oggi Universo 25 è oggetto di studio in sociologia e psicologia, offrendo spunti per riflettere sui limiti della crescita e sull’importanza dell’equilibrio sociale. L’esperimento continua a essere citato come esempio dei rischi legati a densità elevate e comportamenti sociali disfunzionali.
